Nella solennità del Santo Natale, l’annuncio dell’angelo ai pastori risuona ancora una volta anche per tutti noi: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore» (Lc 2, 10-11). In quella notte di Betlemme, tali parole avevano suscitato il desiderio di andare e contemplare questo grande evento. Così ce lo descrive il Vangelo di Luca: «I pastori dicevano l’un l’altro: “andiamo dunque fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere”» (Lc 2, 15).
Lo stupore giunge alla sua pienezza quando, recatisi alla grotta, i pastori trovarono il bambino, proprio come era stato detto loro: «Andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia» (Lc 2, 16).
Ogni anno anche noi consacrati siamo chiamati a rivivere e ripercorrere questo itinerario. Davanti al presepe, di cui celebriamo come francescani l’ottavo centenario veniamo richiamati a ricevere e riscoprire quella gioia, quello stupore che il mistero racchiude in sé.
Il buio di quella notte come di tutte le notti umane è ormai rischiarato da questo evento decisivo per la nostra salvezza: il Figlio di Dio si è fatto uomo, è entrato nella nostra storia in un modo unico per permettere ad ogni uomo e ad ogni donna di entrare nel mistero di Dio. L’amore intra-Trinitario incontra un punto di fuga in cui raggiunge attraverso i gesti e le parole ciascuno di noi per farci partecipi di una comunione di persone divine che trascende tutto ciò che l’uomo avrebbe mai potuto desiderare o concepire.
Nel Natale non ci limitiamo semplicemente a far memoria di un evento passato ma, come consacrati a Maria, siamo chiamati a custodire e meditare la Parola di Dio: «Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore» (Lc 2, 19).
L’ascolto amoroso, la letizia francescana, lo stupore, devono essere i sentimenti che fioriscono nel nostro cuore e ci spingono ad un atteggiamento di gratitudine e adorazione a Dio che, come dirà poi il primo discepolo della Vergine, S. Giovanni, «ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna» (Gv 3, 16).
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