Ci sono momenti nella vita in cui tutto sembra giocare contro la speranza. Il tempo passa, le promesse ricevute sembrano svanire e il cuore si riempie di domande. È proprio in uno di questi momenti che troviamo Abramo in Genesi 15: un uomo anziano, stanco, con lo sguardo rivolto al futuro ma il cuore appesantito dalla realtà.
Dio gli ha promesso una terra e una discendenza, ma gli anni passano e nulla cambia. E così Abramo chiede con franchezza: “Signore Dio, che mi darai? Io me ne vado senza figli”.
Non c’è falsità in questa domanda, né sfida. C’è solo il grido di chi si è fidato e ora si interroga: “Ho sbagliato a credere?”.
Ma Dio non rimprovera Abramo per i suoi dubbi. Anzi, lo chiama fuori dalla sua tenda e gli dice: “Guarda in cielo e conta le stelle, se riesci a contarle… Tale sarà la tua discendenza”.
E qui avviene qualcosa di straordinario. Non ci sono segni visibili, nessuna prova tangibile. Eppure Abramo sceglie di credere. E la Scrittura dice che Dio glielo accreditò come giustizia.
Questa è una delle pagine più potenti della Bibbia perché mostra la fede non come un sentimento, ma come una scelta esistenziale. Abramo non crede perché vede, ma perché si affida a Colui che gli ha parlato.
Abramo e san Francesco: la fiducia radicale in Dio
La storia di Abramo ci richiama un altro grande uomo che ha vissuto una chiamata altrettanto sconvolgente: san Francesco d’Assisi. Anche lui ha dovuto uscire dalla sua “tenda”, abbandonando le sicurezze della sua casa paterna, i suoi progetti umani e il suo desiderio di gloria mondana.
Quando Francesco sentì la voce di Cristo dal Crocifisso di San Damiano dirgli “Va’, ripara la mia casa”, la logica umana gli avrebbe suggerito di rispondere: “Come posso? Non ho nulla!”. Eppure, proprio come Abramo, scelse di fidarsi.
San Massimiliano Kolbe, nel suo cammino di fede, portò questa logica all’estremo, scegliendo di donarsi interamente all’Immacolata e di abbandonarsi senza riserve alla volontà di Dio, fino al sacrificio di sé stesso nel campo di concentramento.
C’è un filo che lega Abramo, Francesco e Massimiliano: la fede non è un calcolo umano, ma un abbandono fiducioso in Dio.
Maria, la “nuova Abramo”: credere anche senza vedere
Se c’è qualcuno che ha vissuto fino in fondo questa logica, questa è Maria Immacolata.
Quando l’angelo Gabriele le annunciò che sarebbe diventata la Madre del Salvatore, Maria si trovò di fronte a qualcosa di umanamente impossibile. Come avrebbe potuto concepire, se non conosceva uomo?
Eppure, la sua risposta è la più perfetta immagine della fede: “Avvenga per me secondo la tua parola”.
Maria è la” nuova Abramo“, perché crede senza vedere, perché si fida delle promesse di Dio anche quando tutto sembra dire il contrario. La sua vita è un cammino nel buio della fede, dove le conferme arriveranno solo passo dopo passo, nella concretezza della storia.
E proprio Maria è il modello della fede francescana e kolbiana: una fede senza compromessi, senza riserve, senza condizioni. Una fede che non chiede sicurezze umane, ma che si dona totalmente a Dio.
Dalla promessa alla realtà: il tempo dell’attesa
Abramo dovrà ancora aspettare anni prima di vedere il compimento della promessa. Anche Francesco e Massimiliano non hanno visto subito i frutti della loro missione. La fede chiede di saper aspettare.
Noi viviamo in un’epoca in cui tutto deve essere immediato: vogliamo risposte veloci, cambiamenti istantanei, soluzioni pronte. Ma Dio lavora nei tempi lunghi, perché ciò che costruisce deve essere solido.
San Massimiliano Kolbe diceva che la via della santità passa per l’attesa fiduciosa e l’abbandono totale nelle mani dell’Immacolata.
Dio chiama anche noi a uscire dalla nostra tenda e a guardare le stelle. Non ci chiede di capire tutto subito, ma di fidarci di Lui.
E allora, oggi, Dio dice anche a noi: “Non temere. Io sono il tuo scudo”.
E la risposta che Egli attende è la stessa di Abramo, di Francesco, di Maria, di Massimiliano: una fede che non ha bisogno di prove per dire sì.
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